Il Football di Marcello Spadola: Pelè

 Auguri di Buon Compleanno a Edson Arantes do Nascimento per tanti, forse, il più grande campione di calcio di tutti i tempi che ieri 23 ottobre ha compiuto 79 anni. Pelè, questo è il nome con cui è più noto, è l'unico calciatore ad aver vinto  tre edizioni dell'allora Coppa Rimet con la Nazionale brasiliana nel 1958, 1962 e 1970. Il suo goal contro la Svezia nella finale del 1958 è considerato il terzo più grande gol nella storia della Coppa del Mondo e primo tra quelli realizzati in una finale di un campionato del mondo. Detiene inoltre il record di reti realizzate in carriera: 1.281 in 1.363 partite. Nel 1999 viene nominato dalla Fifa  “Calciatore del secolo” insieme a Maradona.
Diego Armando Maradona e Pelè, i due più grandi giocatori della storia e icone del calcio mondiale si erano ritrovati  in Russia per partecipare alla cerimonia dei sorteggi del mondiale. Il brasiliano è arrivato in carrozzina, a causa di una serie di malanni che l’hanno recentemente colpito. Appena è stato notato da Maradona, l’argentino gli si è avvicinato e l’ha abbracciato. I due si sono dati anche una prolungata stretta di mano. La foto di Pelè in carrozzina ha fatto il giro del mondo a riprova dell'interesse e dell'affetto che ancora circondano il settantasettenne Pallone d'oro del Secolo e unico calciatore al mondo ad aver vinto tre Campionati Mondiali. Il tempo, come per tutti, passa e lascia i segni del suo passaggio. Anche il Calciatore del secolo, anche chi, come rileggevo di recente, a 17 anni ha conquistato da protagonista.la Coppa del Mondo giocata in Svezia nel 1958 ha ricevuto la sua visita.



Pelè "O' Rey"








Il Brasile che vinse la Coppa del Mondo 1958


Nella finale che fa salire Pelè sul trono del calcio mondiale il Brasile ha davanti due avversari: il primo è la Svezia padrone di casa, il secondo è “il Brasile stesso, i suoi demoni, i fantasmi del Maracanà”.Questa è la partita in cui il Brasile imbocca la strada per diventare quello che conosciamo, il Pentacampeon, l’icona del gioco, probabilmente il paese più legato al calcio e al quale il calcio è più legato. La imbocca e non si volta più. Oggi sembra quasi naturale che sia andata in questo modo, ma forse non c’è mai stato così tanto talento sull’orlo di un baratro così profondo.
Riviviamola:




15 Agosto 1962. Al Palazzo Reale di Stoccolma, la regina Silvia, la principessa 
ereditaria Vittoria e il principe Daniele di Svezia avevano ricevuto in udienza i
calciatori della squadra di calcio del Brasile del 1958, tra i quali Pelé.



Pelè fa un giro di campo nello stadio dove a 17 anni vinse la Coppa del Mondo
Il 15 Agosto 1962 a ricordo della finale Svezia - Brasile si giocò una
partita amichevole tra le due Nazionali. L'amichevole è stata anche
l'ultima partita giocata nel Rasunda,stadio che fu poi demolito e 
sostituitoda un altro impianto,nelle vicinanze, chiamato 
Friends Arena




"Dopo quattro minuti di partita la Svezia è già in vantaggio, ed è un gol sontuoso. Gren recupera una palla vagante sul limite della sua area, consegna al portiere e poi si allarga sulla destra, in posizione di terzino, per ricevere e avviare l’azione. Scambia due volte con Parling che trova poi Börjesson libero in mezzo al campo, il quale si gira e premia il bel taglio in profondità di Simonsson, seguito dai due centrali difensivi brasiliani nello spazio lasciato libero da Nílton Santos. Il centravanti svedese vede Nils Liedholm che avanza da solo ai 20 metri e lo serve con un lancetto preciso. Il Barone la mette giù di sinistro e con pochi tocchi rilassati beffa il rientro scomposto dei due centrali, mandandoli entrambi a vuoto: prima Orlando, caduto su una finta di tiro, poi capitan Bellini, che quantomeno costringe Liedholm a tornare leggermente indietro.


Giornale d'epoca

Ma non basta, Liedholm se la ritocca appena avanti e, quando sembra che non ce ne sia più il tempo, infila nell’angolino lontano un destro radente e minimalista.Quello successivo al gol di Liedholm è un momento in cui la storia calcistica brasiliana può prendere qualunque piega, la squadra può reagire ma anche perdersi definitivamente. Didi cammina verso il centro del campo col pallone sotto il braccio. Zagallo corre da lui, gli urge qualcosa, Didi lo tranquillizza, lo congeda, Zagallo se ne va, Didi prosegue lentamente, irradiando sicurezza. Entra nel cerchio di centrocampo e getta la palla verso Vavá. Batti tu, toccamela. Poi si volta verso destra e innesca Garrincha con lo sguardo. Quello che succede dopo è l’equivalente del lancio della bomba atomica, il Brasile che rincorre e si aggrappa alla sua arma più incontrollabile e tremenda, il generale che apre la gabbia della creatura da guerra. Il pallone di Didi attacca dolce per vie aeree, via terra Garrincha, ala dalle gambe storte e imprendibili, si mangia il prato fino alle spalle scoperte di Axbom, terzino sinistro che fin lì lo ha fermato e adesso quasi non lo vede arrivare. Il pallone spettina Axbom, atterra sul piede destro di Garrincha che lo stoppa a seguire in corsa tagliando fuori ogni cosa, incluso Axbom stesso, il quale prova a cercare un contatto fisico: Garrincha se lo scrolla di dosso abbassando la spalla con fastidio e maleducazione. Entra in area con furore e un’enorme brama di libertà e di spazio. Poi, siccome è un essere irragionevole, spara una bomba sull’esterno della rete. La Svezia è salva, ma è spaventata da quello che ha visto e da ciò che ha intuito vedrà di lì in poi: l’immenso e incosciente talento del Brasile dispiegarsi alla massima intensità.All’8′, Pelé guadagna un angolo battuto in fretta da Garrincha. Il pallone viene messo fuori e c’è Didi, professorale, che, con un tunnel a Börjesson, trova Vavá in mezzo all’area, fermato in angolo. Batte Zagallo, con la fretta di chi non sa quanto ancora possa sopportare il pensiero di essere sotto nel punteggio. La palla è di nuovo calamitata fuori area dai piedi di Didi, che di nuovo riesce a pescare Vavá tra i difensori avversari. Tentativo di duetto di prima con Pelé respinto fuori e allora accorre Zito, leggermente fuori equilibrio, che potrebbe stoppare ma preferisce passarla anche male ma subito in direzione di Garrincha, orribilmente solo sul lato sinistro dell’area svedese. Axbom lo avvicina piegato sulle ginocchia e a braccia semi aperte, quasi dovesse affrontare una palla demolitrice. Garrincha lo incenerisce e mette in mezzo dal fondo, Pelé non ci arriva, Vavá sì: gol.Il vantaggio svedese è durato quattro minuti di vessazioni calcistiche. E se il vantaggio se n’è andato, la vessazione continua, anche se cambia il persecutore: adesso tocca all’aspirante al trono, al quasi Re



Pelè ancora in azione nel vivo della difesa svedese


Stacco aereo del diciassettenne Pelè

. E di lui non terrorizza la furia selvaggia, bensì la grazia. Djalma Santos imposta da destra, scavalca il centrocampo e trova Vavá al limite, sponda di prima che balzella verso Pelé. Invece di metterla giù, Pelé la tiene in aria con un tocco in avanti di sinistro che lo porta in una dimensione inviolabile, che toglie a Liedholm lì accanto e all’intera Svezia ogni opzione difensiva; poi ancora un colpetto di destro e infine, quando concede alla palla di battere a terra, lo fa per attingere all’energia del controbalzo. Il sinistro in corsa di Pelé parte con la linearità ascendente di una riga in un progetto d’architettura. Sale per venti metri, si abbassa leggermente per altri cinque e si schianta sul palo, appena sotto l’incrocio, per poi schizzare via uscendo dall’area dal lato opposto, così come c’era entrato.Al 32’ la difesa brasiliana respinge un cross, Pelè recupera il pallone al limite della sua area, conduce il contropiede centralmente e scarica sulla destra per Zito, poco prima della linea di centrocampo. Zito trova Garrincha larghissimo a destra, all’altezza della trequarti. Due svedesi si frappongono tra lui e la porta. Garrincha li punta entrambi, li spinge fin dentro l’area di rigore e lì li carbonizza con uno scatto folgorante verso il fondo. Cross basso in area piccola che sfugge alle mani di Svensson e sbatte sul piattone sinistro di Vavà, lanciatosi in spaccata a segnare il secondo gol del Brasile, quasi identico al primo. L’asse Garrincha-Vavà è talmente inarginabile che, più che un punto di forza, sembra un bug del gioco. Il Brasile va sul 3-1 a 35’ dalla fine con un tiro goffo ma pulitissimo di Pelè su passaggio di Nilton Santos detto "A Enciclopedia" e vede la coppa del Mondo.Al 68’ ecco il quarto gol. Didi ruba palla a Gren e lancia in area Pelé. Parling è ancora in ritardo, ma riesce a recuperare in tackle e a chiudere in angolo. Dalla bandierina va Zagallo, la palla messa fuori e il tiro al volo di Didi viene deviato di nuovo dalle parti di Zagallo. Mário Jorge Lobo Zagallo, la Formiguinha, sarà l’allenatore del terzo Mondiale del Brasile, quello del 1970, ma per quel giorno il suo soprannome sarà già diventato quello con cui è conosciuto ancora oggi, Velho Lobo, Vecchio Lupo. La formichina era una copertura, Zagallo non è un gregario. Nato interno di centrocampo, si era lasciato spostare sulla fascia sinistra pur di trovare posto nell’undici titolare. Da lì, contrappeso intelligente dell’anarchia di Garrincha, era rapidamente diventato lo stabilizzatore tattico di tutta la squadra, pronto a rientrare al posto di Nílton Santos, a coprire al centro le sortite di Didi, a far spazio a Pelé o Vavà quando si allargavano da quella parte. Zagallo arriva per primo in area sul tiro deviato di Didi, vince facilmente il contrasto, avanza e segna in scivolata di sinistro anticipando l’uscita di Svensson. Si è infilato in un corpo molle, che non ha più l’attenzione e la determinazione necessarie a contenere le incursioni brasiliane. Simonson segna poi il secondo gol per la Svezia a dieci minuti dalla fine.



La squadra svedese che giocò la finale contro il Brasile

L’ultimo pallone della partita lo intercetta Orlando poco prima della linea di centrocampo, e sarà quello dell’incoronazione. Lancio mancino trenta metri in avanti per il petto di Pelé che la stoppa girandosi verso la porta, scarica di tacco sulla sinistra per Zagallo e si dirige in area dettando l’assist al compagno. Il cross di Zagallo arriva preciso e Pelé sale a prendersi il trono sul quale siede tuttora. Colpisce di testa praticamente nello stesso punto dal quale, dodici anni dopo, segnerà anche il suo terzo e ultimo gol in una finale di Coppa del Mondo, quello che apre le marcature contro l’Italia all’Atzeca di Città del Messico. Prende il pallone da sotto, non con la fronte, ma con la parte laterale del cranio, mandandolo ancora una volta per aria, imprevedibilmente, fuori portata per tutti. Il tiro compie un arco che termina rimbalzando sulla riga di porta, a qualche centimetro dal palo lontano, e finisce in rete. Sigge Parling disse: “Dopo il quinto gol, avevo voglia di applaudirlo anche io”.
Subito dopo il colpo di testa, Pelé cade abbattuto da un duro intervento di Axbom e resta a terra imbevuto di dolore fisico, gioia e stanchezza."
A 17 anni ha raggiunto il traguardo più importante della sua carriera e della storia calcistica del Brasile. Ha segnato 6 gol in 4 partite, 3 in semifinale e 2 in finale. Non c’è niente di più grande che possa ancora arrivare: davvero ha senso rialzarsi? L’arbitro fischia la fine, il Brasile è ufficialmente campione del Mondo e a quel punto Garrincha e Djalma Santos tirano su Pelé, che scoppia a piangere tra le braccia dell’ala destra. Piangerà fino alla premiazione. Non sarà l’unico, ma il pianto di Pelé è libero e ininterrotto come quello di un bambino, e proprio come un bambino viene consolato da chi di volta in volta gli si trova accanto, da Gilmar a Didi al membro dello staff tecnico che vuole portare il neoeletto O Rei in trionfo. Sopraffatto, non riesce ad alzare la testa, come se sentisse già il peso della corona che il Brasile sta per infilargli. La sua giovinezza è finita lì, a Stoccolma, con quel colpo di testa che segna l’inizio del suo incredibile regno. Vincerà tutto, segnerà più di chiunque altro. Non sarà mai più così emotivo.
fonti varie
Marcello Spadola

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