Il Football da bordo campo: Max Allegri l'Evoluzionista

Max Allegri parla del suo futuro sulla panchina bianconera: "Qui sto bene e se fosse per me ci resterei non dieci anni, ma venti. Ma tutte le cose nascono e poi finiscono". Questa dichiarazione sembrerebbe dover preludere ai titoli di coda del rapporto con la "Signora del calcio italiano" iniziato nel luglio 2014 dopo le improvvise dimissioni di Antonio Conte. Missione complessa quella di dover sostituire l'uomo col cuore bianconero che aveva preso la Juventus dopo alcuni sbiaditi risultati in campionato e l'aveva portata a vincere tre scudetti consecutivi battendo tanti record. I primi tempi spiccava, allo "Stadium", tra i tanti e tutti ostili ad Allegri, uno striscione emblematico "C'è poco da stare Allegri" ma lui stesso in una dichiarazione da uomo di sport navigato ne prendeva atto come atto normale da parte dei tifosi: "Quando sono arrivato alla Juventus era normale ci fosse contestazione. Era andato via un grande allenatore ed era arrivato quello antagonista degli anni precedenti". Massimiliano Allegri si è temprato facendo la gavetta su e giù per lo stivale e come calciatore carriera che conclude nel 2003 con all'attivo 374 partite e 56 reti, di cui 19 in Serie A e come allenatore. A me è servito fare esperienza nel Grosseto, nella Spal, a Sassuolo, a Cagliari.


Max Allegri l'Evoluzionista


Allegri ha appena vinto il suo quarto scudetto consecutivo

Si è trattato di passaggi che ho fatto, utili per poi guidare per quattro anni il Milan e ora la Juve. Non è da tutti, mi ritengo fortunato. In questo momento quando mi trovo di fronte a personaggi come Ferguson, Wenger, Ancelotti, Capello e Lippi che hanno esperienza internazionale migliore della mia e sono partiti dal grande calcio, capisco che se uno è bravo può trovarsi subito a lavorare dall'alto. Ma la gavetta aiuta perché, quando cominci da certe società che hanno difficoltà a sopravvivere, ti devi comunque barcamenare e questo è importante per la formazione professionale. A scuola andavo male: volevo fare il preside, non lo studente. Da giovane mi piaceva molto cazzeggiare, a Livorno siamo così. E mi piace ancora: non si può vivere solo di lavoro. Quando sento gente che dice che bisognerebbe lavorare 24 ore al giorno penso: poi ti si fonde il cervello, ti scoppia la testa e non hai ottenuto un bel niente. Arrivare in un posto e stravolgere tutto togliendo certezze a giocatori che avevano vinto 3 scudetti sarebbe stato da persona poco intelligente.
E ritenendomi una persona discretamente intelligente... Poi con il passare del tempo e delle situazioni






Allegri alla "Gabbionata ai Bagni Lido"

sono passato alle mie idee, conservando comunque quello che era stato costruito.
Il 7 luglio 2005 ha discusso a Coverciano la tesi per prendere il patentino di allenatore di prima categoria. “Caratteristiche dei tre centrocampisti in un centrocampo a tre”, fu il titolo della tesi. In quelle 17 pagine ci sono molte cose del suo gioco e anche della sua idea di calcio. Va presa, letta, analizzata. Dentro c’è lui da giocatore (mezz’ala riluttante all’inizio, entusiasta poi) e lui da allenatore. Ci sono i semi di ciò che ha sviluppato a Cagliari, al Milan e ora alla Juventus. C’è un’idea diversa da molti coetanei. C’è il continuo ritorno alla tecnica, parola utilizzata sempre meno nel linguaggio pre e post partita. L’ha usata anche dopo la sfida del Santiago Bernabeu.
La Juve, la sua Juve è totalmente evoluzionista: “Ho trovato una squadra che aveva lavorato in un certo modo, vincendo tre scudetti e due Supercoppe, non l’ho cambiata, l’ho sistemata dove pensavo che andasse fatto”. Semplice, pulito, elegante. Evoluzionista anche nel modo d’essere e di parlare. Perché il rendere omaggio a ciò che era stata la Juventus di Conte senza appropriazioni indebite, l’ha messo in posizione privilegiata anche nei rapporti con l'ex commissario tecnico: lui signore, l’altro sempre un po’ sulle sue, fino a quella frase “con me la Juve quest’anno avrebbe avuto venti punti di vantaggio”. Caduta di stile, passata dalla parti di Allegri nel silenzio e senza risposta. Perché, semplicemente, quella frase significava che Allegri stava vincendo il pregiudizio, lo scetticismo, l’indifferenza di un certo mondo juventino. Lascia stare e lavora sul campo: l’impianto di Conte è stato ritoccato il giusto fino a diventare l’impianto di Allegri. Nel calcio come nella vita il tempo aggiusta tutto. Conta solo fare risultati. Può passare chiunque ma la colonna portante rimane la società. Massimiliano Allegri è molto legato a Livorno, la sua città. "E’ sempre nel mio cuore, ora forse anche di più. Invecchio, sto diventando nostalgico". "Anda e rianda, generalmente tutto fra la domenica notte e il martedì all’alba. Vado a Livorno e ritorno a Torino come un missile" e d'estate a conferma di un legame strettissimo c'è" La gabbionata ai Bagni Lido" la tradizionale rimpatriata con gli amici livornesi di una vita una rimpatriata che è diventata ormai un appuntamento fisso. La domenica mattina presto, prima che il caldo schianti, eccolo ai Bagni Lido per la gabbionata di fine stagione, una tradizione che ha avuto tutti i grandi calciatori livornesi protagonisti a partire da  Armando Picchi. Una specie di calcetto, quattro contro quattro, il pallone che non esce mai e resta buono da giocare anche quando sbatte contro la rete di recinzione. Allegri è spesso a Livorno, ma questo in particolare è l’appuntamento a cui non può mancare. In campo tutti i suoi amici d’infanzia, unico esterno ammesso, il bagnino dei Bagni Lido.
Personalità complessa quella di Allegri, dalle tante sfaccettature. Parte dal basso Massimiliano, famiglia operaia, terza media, calciatore mediocre come si è autodefinito. Oggi, a quasi cinquant'anni, è in piedi alle sei e mezzo del mattino per studiare l'inglese nonostante "il cervello sia più imballato delle gambe" e primo in Italia, ha lanciato un'app per allenatori sul metodo Allegri. Abbonarsi costerà nove euro al mese. L'uomo è estroso e pragmatico, riformista e conservatore, aziendalista e ribelle. Un ossimoro. Un'astuzia. Da bambino non si è mai addormentato ascoltando una favola: "Non ci credevo". Ha imparato presto a essere concreto: "La regola  è vivere, che tu abbia mille euro al mese o diecimila. Questa città mi ha insegnato a non patire le differenze, chi non ha nulla ragiona come se fosse ricco sfondato. Io andavo male a scuola e ambivo a fare il preside. Non ci prendiamo sul serio, siamo difficili da capire. Cani che abbaiano molto e mordono poco. Io mordo educatamente".
fonti varie
Marcello Spadola

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